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L’obbligo del Green Pass per accedere al luogo di lavoro

GREEN PASS – decreto-legge 127/2021

Il decreto-legge 127/2021 estende l’obbligo del green pass al mondo del lavoro quale presupposto fondamentale della tutela della salute pubblica e della ripresa economica. Lo svolgimento dell’attività in sicurezza presuppone anche l’organizzazione di un sistema di controllo efficace del possesso della certificazione verde.

Il Dl 21 settembre 2021, n. 127, intervenendo sul Dl 52/2021, estende ulteriormente l’ambito di applicazione dell’obbligo di certificazione verde COVID-19, c.d. green pass, al mondo del lavoro pubblico e privato. Le nuove disposizioni devono essere coordinate con il recente Dl 122/2021, che già coinvolgeva (es. per gli appalti negli istituti di istruzione, nelle Università, nelle strutture residenziali, sociosanitarie e socioassistenziali) l’attività lavorativa.

Dato il particolare interesse per l’estensione dell’obbligo di green pass ai lavoratori del settore privato, si commenta prevalentemente l’art. 3 del Dl 127/2021, che ha introdotto l’art. 9-septies nel Dl 52/2021, con riferimenti alla disciplina per il pubblico impiego laddove rilevanti (nuovo art. 9-quinquies del Dl 52/2021).

L’obbligo del green pass: i soggetti destinatari

L’art. 3 del Dl 127/2021 introduce l’art. 9-septies nel Dl 52/2021, che disciplina l’impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore privato.

Per effetto di tale disposizione, dal 15 ottobre al 31 dicembre pv., termine dello stato di emergenza, sono obbligati, per accedere al luogo nel quale svolgono l’attività lavorativa, ad avere ed esibire il green pass:

  • tutti i lavoratori del settore privato;
  • i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro afferenti al settore privato, anche sulla base di contratti esterni, ivi compresi i lavoratori autonomi ed i collaboratori non dipendenti.

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Modalità operative per la gestione del Green Pass

Sul piano sostanziale, non ha senso escludere i lavoratori impiegati con contratti differenti da quello di lavoro subordinato, in quanto essi introducono il medesimo rischio e ne sono assoggettati al pari dei lavoratori dipendenti, per cui il riferimento al controllo da parte del proprio datore di lavoro è solamente eventuale, restando comunque dovuto quello del datore di lavoro “ospitante” presso il quale l’attività è eseguita.

Per quanto riguarda la somministrazione, posto che il possesso del green pass è un requisito di legge per l’accesso nei luoghi di lavoro privati, si ritiene che sia onere del somministratore assicurare, per poter adempiere al proprio obbligo contrattuale verso l’utilizzatore, che il lavoratore sia in possesso dei requisiti per l’esecuzione della prestazione lavorativa; pertanto, l’agenzia di somministrazione sarà tenuta ad informare i lavoratori in ordine ai nuovi obblighi relativi al possesso del green pass. L’eventuale impossibilità di assicurare la prestazione del lavoratore a favore dell’utilizzatore potrà, quindi, essere fonte di responsabilità contrattuale per l’agenzia di somministrazione. Onere dell’utilizzatore sarà, invece, quello di verificare il possesso del green pass da parte del lavoratore.

Le esenzioni

L’obbligo di essere in possesso ed esibire il green pass non si applica ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.

Il coordinamento con le altre norme (Dl 44/2021 e 52/2021, come modificati dal Dl 122/2021)

Sul piano del coordinamento con le misure vigenti, la nuova norma fa salve le disposizioni relative all’accesso, per motivi di lavoro:

  • alle istituzioni scolastiche, educative, di formazione ed universitarie (art. 9-ter, 9- 1 e 9-ter.2 del Dl 52/2021): obbligo di green pass fino al 31 dicembre 2021;
  • alle strutture residenziali, sociosanitarie e socioassistenziali (art. 4-bis del Dl 44/2021): obbligo di vaccinazione dal 10 ottobre 2021 al 31 dicembre 2021;
  • per i dipendenti privati che esercitano le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all’art. 1, co. 2 della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali (art. 4 del Dl 44/2021): obbligo di vaccinazione fino al 31 dicembre 2021.

Questo comporta che il datore di lavoro, secondo le norme oggi in vigore, debba verificare l’assolvimento dell’obbligo vaccinale da parte dei propri lavoratori nelle ipotesi in cui il lavoratore dipenda da struttura sanitaria (in genere) ovvero vi si debba recare per svolgere la propria prestazione lavorativa1. Si ricorda che, per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socioassistenziali e sociosanitarie, le modalità di controllo dell’assolvimento dell’obbligo vaccinale verranno definite con un apposito DPCM.

Le verifiche

L’obbligo di verifica del possesso di green pass è posto in capo al datore di lavoro dei dipendenti ed anche al datore di lavoro dei soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1 della norma in commento, anche sulla base di contratti esterni ed ai soggetti da questo formalmente individuati (comma 5) (v. sopra).

Quanto alle modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, esse devono essere definite entro il 15 ottobre (quindi, prima che la disposizione esplichi i suoi effetti) dal datore di lavoro: la norma non fa alcun riferimento ad obblighi di informazione, comunicazione e, men che meno, di condivisione sindacale e prescinde totalmente dal Protocollo di sicurezza anti-COVID19 e del Comitato previsto dal paragrafo 13 del Protocollo medesimo.

Questo, ovviamente, non preclude la possibilità che le modalità organizzative vengano inserite nel Protocollo aziendale (ricordando, tuttavia, che si tratta di prescrizioni cogenti sulle quali non appare consentita alcuna valutazione). 

In merito alle modalità delle verifiche2, esse potranno essere svolte:

  • prioritariamente, ove possibile, al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, quindi anche successivamente all’ingresso e nel corso dell’attività lavorativa;
  • “anche a campione”;
  • individuando con apposito atto formale i soggetti incaricati.

Per la verifica del certificato, si seguono esclusivamente le modalità indicate dal DPCM del 17 giugno 2021. In particolare, la verifica de green pass può essere effettuata mediante la scansione del c.d. QR Code apposto sullo stesso, utilizzando esclusivamente la App “VerificaC19”. Le attività di verifica devono limitarsi al controllo dell’autenticità, validità e integrità della certificazione e non possono comportare, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario. Pertanto, non è consentito accedere alle informazioni in merito ai presupposti – vaccino, guarigione dal COVID-19 o tampone – che hanno determinato il rilascio della certificazione, né alla relativa scadenza e non è consentito richiedere copia delle certificazioni da controllare ovvero controllate.

Per le certificazioni di esenzione si fa riferimento alla circolare 4 agosto del 2021 del Ministero della salute. Tale certificazione contiene: i) i dati identificativi del soggetto interessato (nome, cognome, data di nascita); ii) la dicitura: “soggetto esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Certificazione valida per consentire l’accesso ai servizi e attività di cui al comma 1, art. 3 del decreto-legge 23 luglio 2021, n 105”; iii) la data di fine di validità della certificazione; iv) i dati relativi al Servizio vaccinale della Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale; v) il timbro e la firma del medico certificatore (anche digitale); vi) il numero di iscrizione all’ordine o il codice fiscale del medico certificatore. Nelle more dell’adozione di un apposito DPCM volto a individuare le specifiche per trattare e verificare in modalità digitale le certificazioni di esenzione, possono essere utilizzate le certificazioni rilasciate in formato cartaceo. 

Le sanzioni

I commi da 6 a 10 del nuovo art. 9-septies del Dl 52/2021 regolano il regime sanzionatorio, che può essere così schematizzato:

Norma violataViolazioneControlloSanzioneSanzioni disciplinari o licenziamentoDurata
Art. 9septies comma 6Comunicazione (deve ritenersi: prima dell’accesso) di non essere in possesso della certificazione verde COVID- 19Datore di lavoro o suo formale delegatoAssenza ingiustificataSospensione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, comunque denominatoEsclusoFino    alla presentazione della certificazione verde COVID-19 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021
Art. 9septies comma 6Mancato possesso della certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoroDatore di lavoro o suo formale delegatoAssenza ingiustificataSospensione (non facoltativa) dalla prestazione lavorativaSospensione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, comunque denominatoEsclusoFino alla presentazione della certificazione verde COVID-19 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021
Art. 9septies, comma 7Imprese con meno di 15 “dipendenti” (non si parla di lavoratori, quindi il riferimento è al rapporto di lavoro subordinato): mancata presentazione del certificato per 5 giorniDatore di lavoro o suo formale delegatoAssenza ingiustificata per i primi cinque giorniSospensione facoltativa per ulteriori dieci giorni, rinnovabili per una volta Per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni
Art. 9septies comma 8Accesso di lavoratori nei luoghi di lavoro in violazione dell’obbligo di possesso e prestazione di green passDatore di lavoro o suo formale delegatoSanzione amministrativa da 600 a 1.500 euro (articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del  decreto- legge 25 marzo 2020,  n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35)In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è Raddoppiata e quella Accessoria è applicata nella misura massima. Irrogata dal Prefetto su segnalazione (trasmissione degli atti relativi alla violazione) da parte dei soggetti incaricati dell’accertamentoRestano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore. 
Art. 9septies comma 4Mancato controllo da Parte del datore di lavoro (comma 4) Sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro(articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto- legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35)In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella Accessoria è Applicata nella misura massima. Irrogata dal Prefetto su segnalazione (trasmissione degli atti relativi alla violazione) da parte dei soggetti incaricati dell’accertamento  
Art. 9septies comma 5Mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto (15 ottobre 2021) Sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro(articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto- legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n.35)In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella Accessoria è Applicata nella misura massima. Irrogata dal Prefetto su segnalazione (trasmissione degli atti relativi alla violazione) da parte dei soggetti incaricati dell’accertamento  

L’apparato sanzionatorio, così schematizzato, suscita alcuni dubbi interpretativi ed applicativi sui quali appare opportuno soffermarsi.

  • Laddove la norma commina una sanzione amministrativa (che presuppone l’ingresso nel luogo di lavoro), si applica anche la qualificazione della giornata come assenza ingiustificata dalla prestazione lavorativa?
    Per quanto la norma non sia chiara, prevedendo due diversi regimi sanzionatori, il divieto generale di fare accesso al luogo di lavoro senza green pass valido supera tale perplessità: l’interpretazione sistematica dei commi 6 e 8 porta a ritenere insostenibile una soluzione che legittimi la permanenza in azienda dei lavoratori privi di green pass.
  • La qualificazione come assenza ingiustificata (e non come sospensione, come indicato nelle bozze del provvedimento) impone al lavoratore di presentarsi tutti i giorni in azienda?
    Sì. Mentre la sospensione legittima una ipotetica posizione di attesa da parte del lavoratore, per qualificare la presentazione senza green pass come assenza ingiustificata il lavoratore deve necessariamente presentarsi in azienda.
  • Il soggetto chiamato a verificare il possesso del green pass deve seguire una procedura di controllo previamente predisposta che consenta di comprovare il mancato possesso del certificato verde: la procedura e la sua formalizzazione ex ante sono necessarie in ogni caso, per le modalità di comunicazione preventiva, le verifiche all’ingresso e per quelle all’interno. Il soggetto chiamato a verificare, soprattutto se dovrà poi effettuare la trasmissione degli atti al Prefetto, dovrà poter predisporre una documentazione probatoria che consenta di dimostrare gli elementi a fondamento della contestazione (es. strumento della verifica, orario, luogo, evidenza della mancanza di green pass nel senso di mancata esibizione, identificazione del lavoratore, eventuali motivazioni evidenziate dal lavoratore, verifica della validità del green pass). Quanto al controllo dell’identità del lavoratore, fermo quanto previsto dall’art. 13, co. 4 del DPCM 17 giugno 2017 e dalla circolare del Ministero dell’Interno del 10 agosto 2021, si ritiene che, all’interno del luogo di lavoro, il datore debba e possa (anche per motivi di sicurezza) conoscere pienamente l’identità dei lavoratori e di chiunque sia presente, per cui è sempre legittimato a chiedere, in caso di dubbio, la corrispondenza tra il documento di identità e il dato contenuto nel green pass.
    Quanto alla trasmissione degli atti al Prefetto in caso di accesso senza green pass, va evidenziato che il datore di lavoro è il primo ad accertare e contestare (comma 8) e, quindi, deve informare la Prefettura per il seguito sanzionatorio di competenza di quest’ultima. Anche perché la formulazione della norma è in termini generali (“i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione”), che non escludono espressamente il datore di lavoro (anzi è uno degli incaricati dal Legislatore di accertare e contestare disciplinarmente nel caso del comma 8). Peraltro, l’indicazione nel comma 10 di chi deve comunicare sembra escludere il riferimento alle norme generali.
  • Per le imprese che occupano meno di 15 dipendenti. In queste imprese, date le ridotte dimensioni e la difficoltà di sostituzione con personale interno, a fronte della mancata presentazione del green pass per cinque giorni consecutivi (nei quali il lavoratore è comunque considerato assente ingiustificato e senza retribuzione), il datore può assumere in sostituzione del lavoratore assente un’altra risorsa. In questo caso, se dopo il quinto giorno perdura l’inerzia del dipendente quanto alla adozione del green pass, il datore di lavoro, avendo assunto un’altra persona, può sospendere il dipendente (anche laddove questi avesse recuperato il green pass) per un massimo di ulteriori dieci giorni, rinnovabili una sola volta. Questo meccanismo vale fino al 31 dicembre 2021. La misura sospensiva consente alla piccola impresa di assumere un sostituto e non dover recedere da tale contratto anticipatamente per il rientro del dipendente. Diversamente opinando (es. assenza di sospensione da lavoro e retribuzione) la norma legittimerebbe lo svolgimento di attività lavorativa senza green pass oppure il pagamento di una retribuzione senza la prestazione lavorativa, aspetto, quest’ultimo, che solamente una norma espressa potrebbe disporre, al di là della sua accettabilità sul piano giuridico e contrattuale.

Le modalità del controllo (approfondimento)

La disposizione impone al datore di lavoro l’obbligo – sanzionato in via amministrativa – di elaborare, entro il 15 ottobre 2021, le modalità con cui verrà svolto il processo di verifica che potrà essere articolato nei seguenti modi:

  1. Il controllo a campione.
    Per quanto il controllo, secondo la norma, possa essere “anche a campione”, riteniamo opportuno sollecitare una particolare attenzione a tale opzione, in quanto questa modalità – per quanto evidentemente semplificativa degli adempimenti – non sembra pienamente coerente né con l’obbligo generalizzato e sanzionato di possesso del green pass, né con la logica sostanziale e prevenzione di impedire a chiunque sia privo di certificato di fare ingresso in azienda.
  2. Il momento del controllo
    Il controllo dovrebbe essere adottato “preferibilmente”, quindi non necessariamente, all’ingresso. Un controllo diffuso all’ingresso risponde sicuramente alle finalità sostanziali, mentre una verifica randomica durante l’attività non consente di assicurare né che in azienda non siano presenti lavoratori senza green pass, né di impedire efficacemente la diffusione del virus.

    Il controllo (anche a campione) successivo all’ingresso nel luogo di lavoro rischia anche di generare contenziosi a causa del differente trattamento sanzionatorio, in quanto si potrebbe ritenere che la scelta possa essere discriminatoria: un lavoratore controllato durante il lavoro che non ha il certificato, oltre alla sanzione amministrativa, potrebbe essere licenziato (restano, infatti, in vigore le sanzioni contrattuali), mentre se lo stesso controllo fosse stato adottato all’ingresso vi sarebbe solamente la sospensione dalla retribuzione, con preclusione di ogni sanzione disciplinare, soprattutto di natura estintiva del rapporto di lavoro.
  3. Conseguenze operative della mancata presentazione del certificato
    Il lavoratore che comunichi di non possedere il green pass o che non possa fare ingresso in azienda per mancanza del certificato viene considerato assente ingiustificato fino alla sua presentazione in azienda con un green pass valido. Ciò impone al datore di registrare e gestire l’assenza del lavoratore e il controllo del rientro con green pass valido. Si ritiene che la comunicazione da parte del lavoratore del mancato possesso di green pass debba in ogni caso precedere l’ingresso in azienda, dal momento che, dopo l’ingresso in assenza di certificato, egli è già sanzionabile.
    Viceversa, il lavoratore che nulla comunichi preventivamente (una volta che l’impresa abbia stabilito con quale anticipo tale comunicazione vada effettuata, a seconda delle esigenze aziendali) si dovrà presumere essere in possesso della certificazione verde, con assunzione della relativa responsabilità, in caso di comportamento non conforme.
    Il fatto che il datore di lavoro sia chiamato, a pena di sanzione amministrativa, a stabilire le modalità del controllo rende dunque necessario organizzare tale processo di verifica prevedendone formalmente le procedure e la documentazione per giustificare adeguatamente la comunicazione della violazione al Prefetto. Questo impone di regolare adeguatamente e formalmente la procedura, gli strumenti adottati, i riferimenti all’identità dei soggetti controllati, la formalizzazione del soggetto addetto al controllo (la previsione che debbano sempre essere due persone sembra costituire una tutela per la dimostrazione della correttezza dell’operato di fronte ad eventuali contestazioni), la tracciatura formale della verifica negativa.
  4. Casistica:
  • Lavoratore che si reca direttamente nel luogo della prestazione di lavoro e non in azienda
    Si verifica spesso l’ipotesi del lavoratore che si reca non in azienda ma direttamente nel luogo ove deve rendere la prestazione. In questo caso, il controllo deve essere operato dal titolare della struttura presso la quale egli si reca (art. 9-septies, co. 2) o anche, nell’ipotesi di trasferta mediante mezzi di trasporto pubblico ultraregionale, dal vettore. In questi casi si ritiene che, per effetto del controllo che dà esito negativo, il datore di lavoro debba imporre un obbligo contrattuale di immediata comunicazione. Esso potrebbe, ad esempio, fondarsi sulla previsione di un obbligo contrattuale di comunicazione da parte del committente (es. mancato accesso nel luogo di svolgimento della prestazione) o dello stesso lavoratore (es. mancato accesso al treno) al datore di lavoro del prestatore non ammesso al lavoro ovvero colto senza certificato all’interno del luogo di lavoro. Teoricamente, lo stesso modello potrebbe essere adottato anche per i lavoratori in trasferta all’estero.
  • Il lavoro in turni
    Altra ipotesi riguarda il lavoro in turni, anche notturni. In questa situazione, sembra opportuno che il controllo sia affidato al personale della vigilanza (dal momento che, se si esegue attività lavorativa, detto personale debba sempre essere presente in azienda).
  • Individuazione del perimetro aziendale
    Altra questione riguarda il concetto di accesso nei luoghi in cui è svolta l’attività lavorativa, ossia se debba intendersi il perimetro aziendale esterno ovvero l’accesso all’interno dei luoghi della produzione. Premesso che si tratta di una valutazione legata all’organizzazione di ciascuna azienda, il rischio viene introdotto nel momento in cui si entra nei luoghi accessibili alla comunità lavorativa. La norma non fa alcun riferimento ai luoghi al chiuso: si pensi, quindi, al cantiere edile ovvero all’azienda che dispone, all’interno del recinto aziendale ma al di fuori del perimetro produttivo, luoghi per il deposito di materiali o ambiti ai quali accedono i fornitori esterni. Ne consegue che sembra opportuno dare una accezione estensiva alla nozione di luogo di lavoro.
  • Sistemi di controllo del green pass collegati/integrati a quelli di rilevazione delle presenze
    Come anticipato, alla verifica del green pass si provvede mediante scansione del QR Code e senza raccogliere/registrare alcuna informazione inerente alla certificazione. Sotto il profilo giuridico, un sistema di verifiche dei green pass collegato/integrato con quelli di rilevazione delle presenze deve assicurare la mancata registrazione dei dati della certificazione.
  • Eventuali contenziosi sul titolo che consente il rilascio del green pass per l’accesso al luogo di lavoro
    Quanto ai documenti che legittimano l’accesso, al momento attuale essi possono essere solamente due: il green pass (emesso per una delle tre causali note, vaccinazione, guarigione e tampone negativo) o il certificato di esenzione (regolato dalla circolare 4 agosto 2021 del Ministero della salute).
    In particolare, a supporto dell’eventuale adozione di tamponi in situazioni di emergenza al fine di consentire l’accesso al luogo di lavoro, si evidenzia che il tampone che legittima il rilascio del green pass è (Dl 52/2021, art. 9, co. 1, lett. d) il “test antigenico rapido: test basato sull’individuazione di proteine virali (antigeni) mediante immunodosaggio a flusso laterale, riconosciuto dall’autorità sanitaria ed effettuato da operatori sanitari o da altri soggetti reputati idonei dal Ministero della salute”.
    La Legge 16 settembre 2021, n. 126, nel convertire, con modificazioni, il Dl 105/2021, ha introdotto l’ulteriore modalità di esecuzione del tampone molecolare “su campione salivare e nel rispetto dei criteri stabiliti con circolare del Ministero della salute, con esito negativo al virus SARS-CoV-2”.
    Inoltre, si ricorda che la certificazione verde COVID-19 rilasciata sulla base del tampone ex art. 9, co. 2, lett. c) del Dl 52/2021, ha una validità di quarantotto ore dall’esecuzione del test ed è prodotta, su richiesta dell’interessato, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche, da quelle private autorizzate o accreditate e dalle farmacie che svolgono i test, ovvero dai medici di medicina generale o pediatri di libera scelta.
    Si ricorda, da ultimo, che la legge 16 settembre 2021, n. 126, nel convertire, con modificazioni, il Dl 105/2021, ha, tra l’altro, esteso la durata del green pass “vaccinale” a 12 mesi.
  • L’onere economico del tampone
    La norma, prevedendo il divieto di accesso nel luogo di lavoro senza green pass valido, pone evidentemente a carico del soggetto obbligato l’onere economico della esecuzione del tampone, posto quale requisito di legge per l’accesso al lavoro.
    Assumerlo a carico dell’azienda, al di là dell’onere, sarebbe incongruente con la scelta della vaccinazione quale strumento di precauzione e di natura sociale.
    A questo proposito, si ricorda che la più recente giurisprudenza ha precisato che, nell’ottica del legislatore la presentazione del test in sostituzione del certificato comprovante l’avvenuta gratuita vaccinazione costituisce una facoltà rispettosa del diritto del ricorrente a non sottoporsi a vaccinazione ed è stata prevista nell’esclusivo interesse di quest’ultimo, e, conseguentemente, ad una sommaria delibazione, non appare irrazionale che il costo del tampone venga a gravare sul soggetto che voglia beneficiare di tale alternativa3. 
  • Il green pass è obbligatorio anche per prestazioni lavorative brevi?
    Sì. La norma non consente distinzioni, né quanto alla durata della prestazione, né per quanto riguarda il fatto che il luogo è frequentato da persone senza green pass. Quindi, qualsiasi lavoratore si rechi in luoghi presso i quali eseguire la prestazione lavorativa, deve essere controllato tanto dal datore di lavoro titolare del rapporto di lavoro, quanto del datore di lavoro titolare del luogo nel quale viene svolta la prestazione, benché di breve durata. Si faccia il caso del trasportatore che si reca in un supermercato per il deposito della merce, dove gli utenti evidentemente non sono obbligati ad avere il green pass. Ovviamente il trasportatore deve possedere un green pass, che deve essere stato controllato dal datore di lavoro titolare del rapporto di lavoro e dal titolare dell’esercizio presso il quale verrà svolta l’attività di consegna.
  • L’obbligo di possesso del green pass vale anche per i lavoratori stranieri che, ai fini dell’accesso in Italia, non sono tenuti al possesso del green pass?
    Sì, in quanto la norma dispone, senza eccezioni, l’obbligo del possesso del green pass. Si consiglia, quindi, di informare il mittente del nuovo requisito legale posto dal Dl 127/2021.
  • Modalità del controllo a campione.
    La norma consente di svolgere verifiche secondo le modalità ritenute più opportune da parte del datore di lavoro. Quindi, i controlli potranno anche essere svolti a campione (in alternativa al controllo assiduo e di massa), come anche sommarsi: tuttavia, in presenza del primo, condurre all’interno il controllo a campione non sembra aver senso. La sanzione dipende, quindi, da quando viene esercitato il controllo: prima dell’accesso (assenza ingiustificata senza sanzioni disciplinari e licenziamento) e dopo l’accesso (sanzione amministrativa e disciplinare).
  • Formazione e green pass.
    L’attività formativa è svolta in orario di lavoro, per cui sembra difficile ritenere che il lavoratore che partecipa ad un corso di formazione non debba avere il green pass e questo non debba essere controllato (dal datore di lavoro, se il lavoratore fa accesso in azienda) ovvero dal titolare della struttura presso la quale si svolge il corso (con comunicazione dal datore di lavoro dell’eventuale carenza del green pass). Per i seminari, laddove non si tengano in azienda, se esso costituisce parte della giornata lavorativa, può valere lo stesso principio della formazione; non così se la partecipazione al seminario non costituisce orario di lavoro ovvero la formazione è a distanza ed il lavoratore non fa accesso ad alcun luogo di lavoro restando presso il proprio domicilio.
  • Attività associative e, in senso ampio, lavorative.
    Se l’attività viene esercitata in orario di lavoro (es. rappresentante sindacale, lavoratore), deve ritenersi che, trattandosi di attività lavorativa, sia richiesto il controllo del possesso del green pass.

Si segnala un’importante modifica al quadro normativo. Il D.L. 139/2021 ha introdotto questo nuovo articolo:

Art. 9-octies (Modalita’ di verifica del possesso delle certificazioni verdi COVID-19 nei settori pubblico e privato ai fini della programmazione del lavoro). – 1. In caso di richiesta da parte del datore di lavoro, derivante da specifiche esigenze organizzative volte a garantire l’efficace programmazione del lavoro, i lavoratori sono tenuti a rendere le comunicazioni di cui al comma 6 dell’articolo 9-quinquies e al comma 6 dell’articolo 9-septies con un preavviso necessario a soddisfare le predette esigenze organizzative.

Il comma 6 degli articoli 9-quinquies (lavoratori del pubblico impiego) e 9-septies (lavoratori del settore privato) prevedono:
6. Il personale di cui al comma 1, nel caso in cui comunichi di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, è considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati.

Questa integrazione permette, quindi, a tutti i datori di lavoro, preoccupati dall’eventuale impossibilità di erogare un servizio o un prodotto a seguito di mancanza di una o più persone necessarie per l’attività, di poterlo sapere prima per decidere eventuali sostituzioni.

Quindi, la nuova norma stabilisce che qualora il datore di lavoro, per specifiche esigenze organizzative volte a garantire l’efficace programmazione dell’attività, chieda ai propri lavoratori di comunicare l’eventuale non possesso del Green Pass in un determinato arco temporale (necessariamente compreso tra il 15 ottobre ed il 31 dicembre 2021), questi ultimi sono tenuti a rendere la comunicazione, ovviamente se rientranti in tale casistica, “con un preavviso necessario a soddisfare le predette esigenze organizzative”.

La comunicazione del non possesso del Green Pass non è più una semplice eventualità su iniziativa dei lavoratori, ma diventa un vero e proprio obbligo nei loro confronti se richiesta dal datore di lavoro e dà luogo, nel caso in cui il non possesso sia effettivamente comunicato, alla misura (non disciplinare) dell’assenza ingiustificata senza retribuzione sino all’eventuale presentazione di un Green Pass in corso di validità.

Il team di tecnici di EcoSafe sta lavorando per chiarire i dubbi che rendono ancora complessa l’applicazione del presente dispositivo normativo.

A breve verranno prodotti i seguenti documenti operativi per poter ottemperare all’obbligo normativo:

  • Procedura per il corretto accesso al personale aziendale ed extra aziendale
  • Lettere di nomina per incaricare il personale che dovrà effettuare il controllo del green pass
  • Lettera per segnalazione violazione nell’uso del green pass
  • Informativa per i dipendenti

Per ulteriori approfondimenti potete contattare:

Ing. Salvatore Gigliotti
Cellulare 334/616.25.66
Mail gigliotti@ecosafe.it

Dottor Franco Arborio
Cellulare 348/58.44.799
Mail arborio@ecosafe.it

Note:1 Il nuovo decreto non sembra correggere una svista presente già nel Dl 44/2021 per cui chi accede, come esterno, per lavoro nelle strutture socioassistenziali deve avere il green pass conseguente alla vaccinazione mentre chi accede, per lo stesso motivo, alle strutture sanitarie (ospedali) non sarebbe tenuto.2 Nell’ambito del pubblico impiego, il Dl prevede la possibilità di un DPCM per la regolazione uniforme delle modalità di esecuzione dei controlli, che potrebbe costituire una fonte di riferimento, sia pure non cogente, anche per le determinazioni da parte delle aziende private. Per le Regioni e gli enti locali, le regole potranno essere stabilite d’intesa con la Conferenza unificata. Ciò implica che le modalità di accesso di dipendenti privati nelle strutture pubbliche, siano esse centrali o afferenti a Regioni ed enti locali, potranno essere influenzate dalle procedure definite in ambito pubblico.TAR Lazio, 4531 e 4532 del 2 settembre 2021