- Aggiornato il - News

Stress e sicurezza sul lavoro

Stress e Sicurezza sul Lavoro

Autore Franco ARBORIO Amministratore Delegato di EcoSafe S.r.l.

Lo stress di solito è collegato a qualcosa di negativo, nel senso che viene visto come qualcosa da combattere, distruggere, eliminare magari anche attraverso farmaci. Non deve essere sempre così.

Che cos’è lo stress e cosa si intende stress sui luoghi di lavoro

Lo stress è una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta, precisamente, di una sindrome generale di adattamento (SGA) che cerca di ristabilire un nuovo equilibrio interno (omeostasi) in seguito a fattori di stress (stressors). Le alterazioni dell’equilibrio interno possono avvenire a livello endocrino, umorale, organico, biologico. Il termine stress venne introdotto per la prima volta in biologia da Walter Bradfrord Cannon nel 1935; la sindrome venne definita in questo modo da Hans Selye nel 1936.

Conseguenze dello stress sui luoghi di lavoro e cause di origine

Lo stress è in effetti una sensazione negativa che porta anche a fastidi fisici come mal di testa, gastrite, colite, diarrea e reflusso esofageo. La situazione peggiora quando viene richiesto più lavoro di quello che già si svolge o comunque svolgere troppi compiti in un tempo troppo breve. Oppure quando si ha a che fare con le persone perché molte volte non fanno ciò che ti aspetti, non fanno quello che dicono e soprattutto non ascoltano ciò che viene detto. Ciò porta ad un contesto in cui non si ha più il controllo.  In altri casi lo stress potrebbe essere generato dal proprio responsabile che richiede prestazioni elevate, oppure fornisce indicazioni non precise sul lavoro da svolgere o ancora cambia continuamente decisioni a causa della sua capacità di decisione.

Quindi avere a che fare con le persone può portare ad una situazione di stress, come ad esempio quando ci sono tante persone accalcate come in autobus o metropolitana. Lo stesso può comparire in molte altre occasioni, come quando ci si ritrova in mezzo al traffico o all’imbocco di una rotonda.

Viene identificata una REAZIONE ASPECIFICA: cioè adottiamo lo stesso comportamento che veniva usato nell’antichità, dove la donna stava a casa in pensiero per l’uomo che partiva per la caccia non sapendo entro quando tornasse e se fosse mai tornato, andava così a crearsi una situazione di disagio a causa di una fonte di stress per una cosa di cui non si aveva il controllo.

Il cortisolo è l’ormone principale dello stress, il quale se rimane per troppo tempo all’interno del nostro corpo abbassa l’attenzione, la capacità di ascolto e di ricordo. È un ormone prodotto dalle cellule della fascicolata del surrene in risposta all’ormone ipofisario ACTH. L’ACTH è dunque il precursore del cortisolo.

Modalità di riduzione dello stress

Un modo per eliminare il cortisolo è quello di alzare le braccia ogni tanto e questo tiene viva anche l’attenzione. Di rimedi, in verità, ne esistono a bizzeffe, molti dei quali riguardano lo stile di vita. Risulta indispensabile dormire a sufficienza e con regolarità, magari evitando l’assunzione di stimolanti nervosi la sera, come la caffeina; limitare l’esposizione a fonti luminose: abbassate, ad esempio, la luminosità dello schermo di smartphone e PC prima di addormentarvi e non usatarli per tempi prolungati. A questo, contribuisce anche un costante esercizio fisico: più si è attivi durante le ore di veglia, più è possibile assistere ad un calo di cortisolo durante la notte. È importante, poi, imparare a rilassarsi. Ultima, ma non per importanza, l’alimentazione. Consumare troppo zucchero può accrescere i livelli di cortisolo.

 Ci sono 3 fasi in relazione allo stress:

  • Fase di allarme nella quale tutte le capacità vengono portate al massimo, cioè si ha il massimo rendimento.
  • Fase di resistenza che porta invece ad un accumulo di cortisolo e quindi ad avere le capacità ridotte se non nulle.
  • Fase di deterioramento con affaticamento surrenale perché finisce il cortisolo. Si hanno sintomi come apatia, resistenza ai cambiamenti.

Principali reazioni allo stress

La reazione legata allo stress è quella di SCAPPARE, perché è visto come una situazione di pericolo. Molte volte se non si conosce il pericolo viene sottovalutato, dopo di che il nostro cervello lo archivia in modo che se si ripresenta nuovamente porta ad una condizione di stress e quindi porta a scappare.

La reazione porta a due “SE”:

  • SE c’è pericolo viene messo in circolo cortisolo e adrenalina.
  • SE mi allontano abbassa il cortisolo e l’adrenalina.

Oggi però ciò non succede perché ci sono troppe fonti di stress (e-mail, persone, traffico, telefono ecc) e quindi non si riesce mai ad abbassare i livelli di cortisolo e adrenalina.

Se si ha molta tensione per un periodo di tempo prolungato si abbassa il glucosio. La situazione viene riparata dal cortisolo, il quale lo recupera non dal grasso, ma dai muscoli perché la trasformazione è più rapida. Dopo di che però il cervello porta il corpo a recuperare lo zucchero attraverso carboidrati e grassi. Fino al verificarsi dell’IPOGLICEMIA REATTIVA che serve per controllare l’eccesso di glucosio. Questo meccanismo viene attivato dalle ghiandole renali che mandano in circolo il cortisolo. È corretto seguire delle diete ma non fare diete basate sulla privazione perché portano a delle situazioni di stress. Per esempio non bisogna assumere solo carboidrati e grassi, bisogna accompagnare attraverso delle fibre come le verdure che riducono il senso della fame. Quando si è al ristorante non è corretto mangiare subito pane e grissini presenti in tavola perché alzano il livello di cortisolo. Inoltre se quando si torna a casa si guarda un film che coinvolge/appassiona il livello aumenta ancora. Quindi sarà poi difficile prendere sonno perché eccesso di cortisolo non va d’accordo con la melatonina. Perciò poca melatonina, poco sonno.

Il nostro cervello porta ad allontanarci da ciò che porta insicurezze e tende ad avvicinarsi a quello che da sicurezza. Inoltre si da sempre la colpa agli altri di ciò che ci succede, questo è un comportamento che si è sviluppato negli ultimi anni e serve per sopravvivere.

Profezia che si autoavvera o test di Rosettere:

E’ stato fatto un test su una classe si studenti, alla fine i tre che risultavano più scarsi sono stati indicati solo alla maestra come dei geni che potessero avere un potenziale. Il che non era vero ma ha portato la maestra ad avere una concezione della situazione diversa e quindi ha cambiato il suo comportamento, il modo di relazionarsi e approcciare. Si è notato che non è aumentato solo il rendimento dei tre studenti ma anche per il resto della classe. Perché se si pensa a determinati concetti si cerca di intercettarli nelle persone con cui si ha a che fare per cercare conferma.

Il cervello tende sempre a utilizzare tre filtri per etichettare dei comportamenti ed evitare fatiche:

  • Generalizzare
  • Distorcere
  • Annullare

Generalizzare spesso non è un bene perché assumiamo dei comportamenti che in certe occasioni non sono corretti. Per esempio il concetto di spingere le porte per entrare ci porta a sbagliare l’unica volta in cui troviamo la situazione di tirare.

Durante periodi di stress si disattivano determinati sistemi in modo da concentrare tutte le forze. Quindi non vengono più riparati i danni del corpo e di conseguenza si invecchia prima. Il fattore neutrofico (BNF) è il responsabile della memoria e favorisce la riparazione dei neuroni. Viene tenuto attivo attraverso l’esercizio fisico soprattutto con la corsa che fa aumentare BNF. Se si rimane per lungo tempo con il sistema immunitario bloccato ci si ammala di più perché le cellule natural killer non riescono ad annientare le cellule tumorali e quindi c’è più probabilità di contrarre tumore.

Realtà oggettiva e realtà percettiva

Ci sono 2 tipi di realtà:

  • Di 1 livello: oggettiva
  • Di 2 livello: come viene percepita attraverso i sensi.

Cambiare lo stato percettivo di una persona porta a vedere le situazioni in modo differente. Le strategie possono essere funzionali o disfunzionali. Quelle disfunzionali sono negative sulle persone, possono essere anche legate al linguaggio usato, al tipo di domande che vengono fatte perché portano a focalizzare l’attenzione su determinati argomenti. Perché con una domanda mirata ci si va a concentrare su una parte del nostro archivio che potrebbe portare ad una situazione di stress. Ad esempio domandarsi il perché succedano determinate cose che non possono dipendere dalle persone.

Il vantaggio della felicità sta nel partire dalla felicità. Perché se si è di buon umore si risolvono meglio le situazioni che ci si presentano.  La serotonina è responsabile dell’umore, del senso di sazietà, attenzione, concentrazione sulle cose più importanti. Viene emanata soprattutto quando si riceve supporto o si da supporto.

Nelle situazioni di pericolo è necessario dare priorità al dolore perché è più pericoloso per il benessere. Infatti abbiamo sia la leva dolore che piacere. Quella del dolore influisce negativamente sia su di noi ma anche sulle persone che si stanno intorno.

Nelle scelte prese vengono sempre considerate delle ABITUDINI:

  • SEMPLICITA’: divano di casa
  • PRECISIONE: sedersi sul divano, un’indicazione precisa
  • CONTESTO GIUSTO: a casa dove mi sento a mio agio
  • RICOMPENSA IMMEDIATA: relax
  • ALLEATO: farlo con il proprio migliore amico.

Una scelta corretta potrebbe essere quella di circondarsi di persone che hanno a cuore la salute in modo da ottenere maggiori risultati, perché se si ha un obiettivo a cui si tiene si fanno le cose nel migliore dei modi. Un altro fattore determinante è l’empatia, cioè capire gli altri, comprenderli in modo da dare maggiore sicurezza e fiducia.

In un contesto non bisogna mai chiedersi “COSA POSSO FARE?” ma invece “IN CHE CONDIZIONI DEVO ESSERE PER…?”. Perché per affrontare è meglio avere ottime condizioni fisiche e psichiche.

Stress e stati depressivi

Dallo stress alla depressione il passo è breve. E quel passo consiste in un meccanismo biologico specifico individuato per la prima volta da un gruppo di ricercatori dell’università americana “Emory University”. 

Gli scienziati hanno scoperto infatti che nelle persone che soffrono di depressione si osserva una anomalia nel rilascio del neurotrasmettitore glutammato, riconosciuto dai ricercatori come il biomarcatore della resilienza. Elevate concentrazioni di glutammato nella corteccia prefrontale mediale successive a un primo evento stressante sono infatti indicative di una buona capacità di gestione dello stress acuto. Nelle persone sane però il livello di glutammato si abbassa in risposta a successivi episodi di stress, dimostrando una risposta adattativa allo stress. Cosa che non accade nelle persone depresse.

Il legame tra stress e depressione è noto da tempo e c’è il forte sospetto che possa non trattarsi di un legame causale. Nell’80 per cento dei casi il primo episodio depressivo è preceduto da stress cronico. Lo stress cronico (“distress”) non consiste in un eccessivo carico di lavoro e non è la stanchezza per i troppi impegni, ma è la difficoltà di ritornare a una condizione di allentamento, di calma e riposo profondo, dopo l’attivazione e lo sforzo per superare ostacoli e risolvere problemi.

Per questa ragione lo stress viene elencato tra i principali fattori di rischio della depressione. E non è un caso che durante la pandemia il numero di persone con sintomi depressivi negli Stati Uniti sia quadruplicato.

Stress da call

Ultimamente, a causa della pandemia, sempre più persone si sono trovate costrette a lavorare da casa e quindi fare molte call durante la loro giornata lavorativa. Questo però in molti casi non ha avuto un effetto positivo dal momento che ha portato molto più’ stress rispetto al normale.  Per sfuggire a volte a questi appuntamenti lavorativi ad esempio il 16% degli italiani ha affermato di aver finto di dover installare degli aggiornamenti sul proprio dispositivo per non partecipare ad una call o ad una riunione. Lo rivela uno studio condotto da Kaspersky per analizzare le abitudini degli utenti rispetto agli aggiornamenti. È una scusa che risulta molto credibile perché spesso gli aggiornamenti software portano via molto tempo. Infatti, il 29% dei dipendenti ha dichiarato di essere arrivato in ritardo almeno una volta ad un meeting online a causa degli aggiornamenti.

Molto probabilmente quando la pandemia finirà si continuerà almeno in parte ad usare questa soluzione proprio per i numerosi vantaggi che porta. Anzi, il numero delle riunioni online potrebbe addirittura aumentare. Sono troppo comode e sono troppo economiche perché si decida di farne a meno, sostituendole tutte con quelle «in presenza». Ci sono anche aspetti negativi come ad esempio il non poter cogliere gesti fisici che ci fanno capire determinate cose. Per non parlare delle difficoltà di ricezione dell’audio o del video e della continua esposizione o esibizione del proprio io e del proprio ambiente (spesso casalingo), con conseguenti distrazioni per chi guarda ed esami.

In conclusione se vogliamo che gli strumenti digitali siano davvero utili e non soltanto comodi o convenienti dobbiamo imparare tutti ad usarli nel migliore dei modi. Cioè, senza dimenticare mai che al centro ci sono e ci devono sempre essere le persone.