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Brevi riflessioni sul manager della sicurezza nel prossimo futuro

Brevi riflessioni sul manager della sicurezza nel prossimo futuro

Articolo di: Franco Arborio
Amministratore delegato di EcoSafe S.r.l.


Com’è cambiata la figura del manager della sicurezza negli anni?
Com’è cambiata la percezione della sicurezza sul lavoro in questi ultimi vent’anni? Quali sono le competenze e qualità che deve avere un manager della sicurezza oggi? Quali sono i compiti che dovrebbe svolgere un manager della sicurezza oggi?

E domani?

Queste domande sono importanti per poter avviare una profonda riflessione e per poter immaginare quale sarà la figura del manager della sicurezza domani.

Quando ho iniziato a occuparmi di sicurezza sul lavoro, nel 1987 frequentando un corso da 1000 ore organizzato dalla Regione Piemonte, non esisteva la figura del manager della sicurezza e neanche la qualifica di RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione).

Si parlava, molto più semplicemente, di tecnico della sicurezza sul lavoro. Vorrei soffermarmi sulla parola TECNICO.

Alla fine degli anni ottanta chi si occupava di sicurezza erano persone con una forte connotazione tecnica. Bisognava conoscere le norme e l’aspetto tecnico.

L’applicazione delle norme in vigore (principalmente il DPR 547/55 – DPR 303/56 e DPR 164/56) era decisamente più semplice.
La legge stessa specificava cosa bisognava fare e cosa era vietato. Nulla di più.

Poi è stata emanata una nuova norma di derivazione comunitaria (il famoso Decreto Legislativo 626/94) che ha introdotto il concetto di valutazione del rischio. Una vera rivoluzione Copernicana che ha comportato un cambiamento radicale del concetto di approccio alla sicurezza sul lavoro. Si passava da un criterio “d’imposizione” previsto dalle precedenti norme ad un concetto di “valutazione”.

Ogni datore di lavoro era “libero” di decidere come valutare la sicurezza sul lavoro nella propria azienda. Questa forma di “liberta’” non era però supportata né da un concetto di “cultura della sicurezza” da parte dei datori di Lavoro e tanto meno da una preparazione tecnica o legislativa e di capacità di coinvolgimento da parte di coloro che dovevano occuparsi di sicurezza sul lavoro ovvero il famoso Responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Oggi abbiamo un proliferare incontrollato di Leggi, regolamenti, circolari, provvedimenti ecc. che portano ad una confusione sostanziale di come applicare la sicurezza sul lavoro in Italia.

Per riuscire a raccapezzarsi in questo mare magnum, EcoSafe ha creato un servizio specifico supportato da un software che permette all’RSPP e all’HSE manager di avere un sunto delle norme pubblicate e di essere quindi in grado di avere un quadro dell’evoluzione normativa in tempi brevissimi. Il supporto dato permette quindi di lavorare con maggiore serenità, efficienza ed efficacia.

Altre in formazioni sul servizio SCAN si possono reperite al seguente link

La Legge di riferimento principale rimane, ad oggi, il Decreto Legislativo 81 emanato il 9 aprile 2008 che ha introdotto un altro aspetto interessante ovvero il concetto di sicurezza sul lavoro sistemica.

Nonostante questa evoluzione abbiamo ancora 1000 morti all’anno e migliaia di feriti con tantissime invalidità permanenti.

Siamo purtroppo abituati a leggere i numeri freddi delle statistiche ma fermiamoci un attimo. Dietro ogni numero c’è una persona con un nome e un cognome, una sua identità e una sua storia. C’è una persona con i suoi sentimenti i suoi legami famigliari, di amicizia, le sue storie.

È uno sforzo di grande responsabilità fermarsi a pensare. Il pensare ci deve far prendere delle decisioni e quindi assumerci delle responsabilità. Ecco perché molte volte si decide di non fermarsi a riflettere.

Come possiamo quindi dare un contributo per cambiare?

Bisogna intraprendere nuove strade e percorrere sentieri sconosciuti per scoprire modelli innovativi. Preso atto che i soli aspetti tecnici/legislativi e procedurali non sono sufficienti, cosa si può fare?

Avere una buona squadra

Tutto ciò che ho fatto e tutto ciò che ho ottenuto è grazie all’impegno di altri. Da solo non sarei mai andato da nessuna parte

Il manager della sicurezza ha un ruolo determinante all’interno di una organizzazione. Anche se molti vertici aziendali non l’hanno ancora compreso. Il manager della sicurezza può far risparmiare moltissimi soldi all’azienda e può dare un’immagine molto positiva sul mercato oltre che, aspetto in assoluto più importante, eliminare le sofferenze delle persone.

Un’azienda che non ha infortuni e che investe in sicurezza viene scelta con maggior interesse da parte degli investitori, da parte dei clienti e da parte dei fornitori poiché fornisce maggiori garanzie di continuità del business a differenza di un’azienda che non si occupa di sicurezza.

Ma per arrivare ad ottenere buoni risultati bisogna investire non solo sull’aspetto tecnico/burocratico ma soprattutto sulle persone e sull’organizzazione. Bisogna riuscire a creare una buona squadra.

Uno degli aspetti più importanti per raggiungere questo risultato è quello d’instaurare un clima di fiducia.

Ho commesso un errore, ma non condannatemi per questo

Tutti devono avere la possibilità di rimediare ai propri errori

In qualità di esseri umani siamo continuamente soggetti a commettere errori.
Nel nostro intimo siamo in grado di riconoscere i nostri errori, ma all’interno di un’organizzazione questo non avviene.
Solitamente quando avviene un errore parte la caccia al colpevole senza preoccuparsi il perché è avvenuto un errore e soprattutto come cercare di rimediare all’errore stesso.
Nella nostra cultura l’errore è visto come una sconfitta, e mai come una opportunità di crescita e sviluppo. E dato che l’errore è visto come una sconfitta, si cerca sempre di nasconderlo per non essere puniti.

La dicotomia “Errore” = punizione deve essere sconfitta all’interno di una organizzazione se si vuole progredire e crescere velocemente.

Il primo aspetto è quindi quello di accorgersi del problema, il secondo è come trovare una soluzione. Per analizzare una criticità è quindi indispensabile porsi delle domande strutturate come:

  • Chi è coinvolto nel problema?
  • Cosa coinvolge il problema?
  • Dove si è verificato un problema?
  • Come si è verificato?
  • Quando si è verificato?
  • Perché si è verificato il problema?
  • Che impatto economico ha generato il problema?
  • In quanto tempo possiamo risolvere il problema?

Questa metodologia di analisi (se correttamente utilizzata) ci permette di acquisire sufficienti informazioni per prendere provvedimenti concreti e strutturati.

Facciamo un esempio:

Ribaltamento di un coil di lamiera.L’evento non ha generato infortunio in quanto il lavoratore è riuscito a scansarlo all’ultimo momento.
DomandaAnalisi
Chi è coinvolto nel problemaCarrellista che stava trasportando il coil. Il lavoratore a supporto della manovraIl responsabile di reparto
Cosa coinvolge il problemaIl carrello elevatore e la fune utilizzata per il sollevamento del coil.
Dove si è verificato un problemaPresso il magazzino coils
Come si è verificatoRottura della fune che sollevava il coil in lamiera
Quando si è verificatoDurante il trasporto del coil dal reparto produzione al magazzino
Perché si è verificato il problemaLe cause individuate che hanno generato l’incidente sono:Errata scelta della fune di sollevamento;Mancata verifica dell’integrità della fune utilizzata per il sollevamento. La fune si è deteriorata in quanto lo sfregamento nel tempo contro i bordi dei coils ha generato la sua usura precoce.Collocazione errata del lavoratore a supporto della manovra in quanto troppo vicino al carico che si stava trasportandoModalità di trasporto con il carrello non adeguataAssenza di procedure di lavoro conformiMancata formazione ai lavoratori su come esaminare una cinghia per il trasporto carichi
Che impatto economico ha generato o potrebbe generare il problemaNel caso specifico l’impatto economico è stato limitato. Il danno è stato relativo al:- coil che si è rovinato-al pavimento che si è danneggiato- al tempo necessario per ripristinare il tutto.Ovviamente in caso d’investimento del lavoratore addetto alla manovra l’incidente poteva essere, con molta probabilità, mortale
In quanto tempo possiamo risolvere il problemaÈ stato quantificato un mese di tempo
Proposta di soluzione del problemaIl problema è stato risolto creando delle apposite culle per alloggiare i coils in fase di trasporto. Le culle appositamente progettate possono essere inforcate dal carrello con maggiore sicurezza. Inoltre, una culla può trasportare più coils contemporaneamente con un risparmio di tempo sia nelle fasi di trasporto che con un risparmio di personale in quanto il carrellista non ha più bisogno di un assistente durante le fasi di manovra.
Eventuali annotazioniNessuna

Nei corsi di Human Factor tenuti periodicamente da EcoSafe, il tema dell’errore è uno degli argomenti che viene trattato.
Al giorno d’oggi, per poter “fare sicurezza” non possiamo esimerci dal fattore Umano. Ecco perchè Ecosafe si è concentrata anche su questo aspetto così importante. Altre informazioni sui prossimi corsi relativi al fattore umano possono essere reperite al seguente link.

Il primo problema è accorgersi del problema, il secondo è trovare la soluzione di come risolverlo.
Il manager della sicurezza impiega molto tempo domandandosi come poter migliorare le prestazioni dell’azienda che gestisce sotto il profilo della qualità, del benessere, della maggior sicurezza per i propri colleghi.

La trasparenza e un chiaro rapporto tra i collaboratori e tra i manager diventa così un fattore strategico di successo per ottenere risultati eccellenti.

Tutto ciò non avviene in maniera automatica, Bisogna lavorare giorno per giorno e soprattutto con un orientamento continuo rivolto alla comunicazione e allo stile relazionale.

La valutazione del rischio, i sistemi di gestione, le procedure, le istruzioni operative ecc, sono tutti strumenti indispensabili per condurre un buon lavoro; nonostante ciò, se manca il contatto quotidiano e interessato alle persone, tutto risulta molto più complesso.

La comunicazione e il rapporto sincero con le persone sono come il grasso all’interno di un ingranaggio, se è scadente o inesistente, il motore prima o poi si inceppa.

Il punto chiave su cui porre l’attenzione è: come possiamo migliorare la nostra comunicazione?

Uno degli strumenti più potenti è quello di porre delle domande poste con attenzione e mai accusatorie. Le domande sono uno strumento potentissimo per capire e per cercare di entrare nel vivo del problema e per trovare le soluzioni migliori.

Niente dovrebbe essere considerato più importante delle informazioni. Conosci il nemico e conosci te stesso, in cento battaglie non sarai mai sconfitto.Sun Tzu “L’arte della guerra”

Come ottenere informazioni corrette

Raccogliere informazioni utili per poter avere un miglior quadro della situazione è fondamentale. Per arrivare a ciò bisogna riuscire ad instaurare con il nostro interlocutore un clima di fiducia reciproco e di empatia in modo che possa aprirsi a noi e costruire, di conseguenza, una relazione fondata sulla fiducia, sulla curiosità e sull’interesse verso l’altra persona.

È fondamentale avere rispetto nel nostro interlocutore e non dimostrarsi superiori; non serve a nulla.

Per raggiungere un buon rapporto di collaborazione e una buona comunicazione è necessario avere una serie di aspetti, sia di tipo caratteriale e personale che di tipo organizzativo:

  • Educazione e disponibilità
  • Empatia
  • Consapevolezza di se
  • Leadership
  • Saper gestire le obiezioni
  • Capacità di problem solving
  • Capacità di ascolto
  • Saper organizzare il discorso e avere ben chiara l’idea di quali informazioni vogliamo ricevere
  • Non avere pregiudizi
  • Professionalità

In una buona relazione se devo scegliere se dare precedenza me o a te è meglio dare precedenza al noi.

Se un dipendente attua un comportamento in ambito di sicurezza errato invece che assalirlo e accusarlo di ciò che ha fatto e meglio indagare attraverso domande mirate come:

  • Come mai hai attuato questo comportamento?
  • Cosa hai provato mentre attuavi questo comportamento?
  • Hai pensato alle conseguenze che potevi avere tu o i tuoi colleghi?
  • Hai pensato a quali conseguenze avrebbe potuto avere su tua moglie, i tuoi figli, i tuoi amici se ti fossi fatto male?
  • Che percezione del pericolo hai avuto adottando questo comportamento?
  • Potevi fare la stessa operazione in modo diverso diminuendo la possibilità di farti male?
  • Qual è il motivo che non ti ha permesso di farlo?
  • Adesso che abbiamo esaminato quanto accaduto ripeteresti la stessa azione?
  • Ti senti meglio adesso?

Al termine del colloquio è necessario ringraziare sempre per la collaborazione e sottolineare sempre che è stato molto importante confrontarsi.

 

Sapere è potere

 

Come rapportarsi per acquisire informazioni importanti

Dire e domandare sono due spetti completamente differenti. La ricerca delle informazioni, consiste nella capacità di domandare avendo una propensione empatica molto forte, ovvero con una volontà di acquisire informazioni senza pregiudizi cercando di mettersi, il più possibile, nei “panni” del nostro interlocutore.

La domanda giusta è fondamentale per pilotare la conversazione in una direzione che a noi interessa di più. Meglio domandare e far parlare gli altri piuttosto che parlare noi, chi parla si assume maggiori responsabilità su ciò che dice, chi ascolta non si espone.

Vi sono varie forme di ricerca delle informazioni:

  • Ricerca delle informazioni con il massimo dell’interesse;
  • Le domande di approfondimento;
  • Le domande di confronto;
  • Le domande di processo.

Ricerca delle informazioni con il massimo dell’interesse

Questo tipo d’indagine fonde l’interesse massimo e la curiosità nei confronti dell’altra persona con il minimo di preconcetti e di pregiudizi.

Bisogna ammettere la propria ignoranza ed esserne consapevoli al fine di attingere informazioni nel modo più imparziale e innocuo possibile.

In questo tipo d’indagine bisogna far in modo che il nostro interlocutore non dia risposte che possano farci piacere, bisogna far capire che siamo seriamente disposti ad ascoltare anche questioni o pareri che a noi possono non piacere.

Se ci si dimostra seriamente interessati alle persone con cui lavora viene molto apprezzato.

Le domande di approfondimento
È una forma di approfondimento su un argomento che ha attirato l’attenzione durante la conversazione e che ritengo utile approfondire.
Sono domande che portano l’interlocutore a concentrarsi sui propri sentimenti e sulle proprie emozioni. Rispetto all’evento o al problema descritto.

Alcune domande esempio:

  • Che cosa hai provato/provi al riguardo?
  • Questo ti ha provocato/ti provoca qualche reazione/emozione?
  • Che reazione emotiva ti ha suscitato/ti suscita questa situazione?

Quando scendiamo nell’ambito dei sentimenti e delle emozioni entriamo in una sfera molto personale e molto intima, che l’altra persona può anche rifiutare. Bisogna stare quindi molto attenti.

Si possono porre anche domande che portano l’interlocutore a riflettere e concentrarsi sulle motivazioni che lo animano in rapporto a qualche cosa di cui ha parlato.

Alcuni esempi di domande:

  • Come mai è accaduto?
  • Perché ti senti/ti sei sentito così?
  • Quale potrebbero essere le cause?
  • Perché credi che sia accaduto?

Con queste domande portiamo l’interlocutore a riflettere e spiegare la situazione accaduta.

Altre domande portano l’interlocutore a riflettere su ciò che ha fatto, su ciò che vorrebbe fare o su ciò che sta facendo.

Alcuni esempi di domande sono:

  • Che cosa hai pensato di fare fino ad ora?
  • Come sei arrivato a questo punto?
  • Che cosa hai già fatto?

Queste domande servono a rendere consapevole il nostro interlocutore su ciò che sta facendo e su ciò che vorrebbe fare al fine di poterlo:

  • Indirizzare;
  • Bloccare
  • Deviare ecc.

Infine si possono porre domande che hanno lo scopo di favorire la comprensione della situazione nel suo complesso con implicazione di altri attori. Solitamente una vicenda implica la presenza di altre persone (amici / famigliari / colleghi ecc.). Attraverso queste domande cerchiamo di farci un quadro più ampio per capire che tipo di rapporto sussiste fra l’evento descritto dal nostro interlocutore e le persone stesse.

Alcuni esempi di domande

  • Che cosa hai/hanno fatto a quel punto?
  • Come pensa si sia sentita xxxx dopo che lei ha agito così?
  • Cosa crede che farà yyyy se lei decide di andare fino in fondo?
  • Come avrebbero reagito se avesse detto loro come si sentiva?

Le domande di confronto

Questo tipo di domanda include anche un nostro pensiero in forma interrogativa e quindi fornisce indirettamente un consiglio.

Le domande di processo

Questo tipo d’indagine sposta la conversazione dal contenuto all’interazione fra le persone. Possono infatti verificarsi situazioni in cui la conversazione diventa “rigida”. Se si percepisce questa situazione bisogna interrompere e focalizzarsi sul qui e ora.

Il modo migliore per prevedere il futuro è immaginarselo.

Piani strategici

Altro aspetto importante per un manager della sicurezza è avere un piano di sviluppo strategico in ambito di sicurezza.

Come portiamo la nostra mente a riflettere ci troviamo di fronte all’incertezza per il futuro. Non sappiamo cosà potrà riservarci e questo ci crea ansia e frustrazione. Possiamo quindi solo operare con un buon piano strategico. Il piano strategico si deve basare sulle incertezze più probabili (punti deboli del sistema) con lo scopo di elaborare delle soluzioni per annullarle o, quantomeno, ridurne gli effetti.

I tipi d’incertezza possono essere divisi in tre gruppi:

  1. Rischi impliciti ovvero esaminare tutti quei casi che hanno già generato un problema (near miss) e capire come affrontarli;
  2. Aleatorietà strutturale ovvero un evento molto raro e non offre potenzialità di stime accurate;
  3. Inconoscibilità ovvero non possiamo neppure immaginare l’evento.

La strategia è la capacità di predisporre un piano per gestire una certa situazione. La strategia implica la necessità di avere una visione e dei valori condivisi. Un piano strategico implica quindi una serie di domande come:

  • Perché lo facciamo?
  • Che cosa possiamo fare?
  • Per chi lo facciamo?
  • In quanto tempo possiamo farlo?
  • Con che costi?
  • Con quali risorse di tempo, luogo, denaro, persone?
  • Come possiamo farlo meglio?

Lo sviluppo di un piano strategico non deve avere in prima battuta dei limiti, si può pensare a tutto e al contrario di tutto.

Il piano strategico deve comunque sempre tener conto degli aspetti:

  • Ambientali (luogo di dove si svolge);
  • Politici (che tipo di politica è presente all’interno della mia organizzazione? E fuori?);
  • Informatici (che tipo d’informazioni dispongo?);
  • Sociali (quali sono le aspettative sociali? E quelle degli stakeholder?);
  • Economici (di quali risorse posso disporre?);
  • Legali (quali vincoli legali devo rispettare?)

Infine, dobbiamo verificare il nostro piano strategico esaminandolo da questi punti di vista:

  • Quali sono i fattori che renderanno possibile il piano strategico?
  • Quali possono essere i fattori contrari che potrebbero portarlo al fallimento?
  • Quali assunzioni killer potrebbero rendere nullo il piano?

Creare un buon piano strategico non è un mestiere semplice. Bisogna immaginare ciò che ancora non esiste, bisogna fermarsi, riflettere e prendere delle decisioni. Decidere implica l’assunzione di responsabilità. Siamo pronti per questo passo?

EcoSafe opera da sempre approcciando il lavoro con questa metodologia di lavoro. I tecnici che operano sul campo sono preparati sia dal punto di vista tecnico/legislativo che nel rapporto umano per potersi relazionare in modo proficuo con la direzione dell’azienda che con i diversi operatori della sicurezza (RSPP – Medico Competente – Rappresentanti dei lavoratorei _ HR) nonché con i lavoratori stessi.

Per qualsiasi informazione potete contattare via mail l’ufficio commerciale commerciale@ecosafe.it oppure telefonando al numero 011/95.41.201