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La Sicurezza dei Lavoratori Italiani all’Estero

Sempre più Aziende hanno l’esigenza di affrontare nuovi mercati e quindi, inevitabilmente, nuovi rischi correlati alla trasferta dei propri lavoratori.

Come informare, formare e organizzare adeguatamente le attività, secondo gli standard di Sicurezza, a tutela dei lavoratori italiani in trasferta all’estero?

A chi spetta questa responsabilità?
Quali aspetti occorre approfondire?

Quando un potenziale viaggiatore all’estero decide di consultare il sito internet della Farnesina prima di partire può leggere: “Negli ultimi anni lo scenario internazionale ha fatto registrare un progressivo mutamento. Nuovi fattori di rischio hanno fatto la loro comparsa su scala globale dando origine a minacce molteplici e difficilmente prevedibili. Oggi, più che in passato, appare dunque necessario verificare e comprendere preventivamente il contesto nel quale ogni cittadino verrà a trovarsi nel corso della sua permanenza all’estero… Tra le fattispecie di rischio che possono coinvolgere i cittadini italiani fuori dai confini nazionali la più pericolosa oggi è certamente quella della crescente aggressività di nuovi gruppi terroristici che compiono attentati o sequestri di persona anche in aree considerate sinora sicure. Le azioni delle formazioni terroristiche non colpiscono solo obiettivi istituzionali ma anche i c.d. “soft target” (come eventi sportivi, teatri, ristoranti, hotel, clubs, scuole, centri commerciali e installazioni turistiche, oltre che mezzi di trasporto aerei, marittimi e terrestri) specialmente con elevata presenza di cittadini stranieri. Questi attacchi, seppur effettuati in maggior misura in Paesi e aree in situazioni belliche o notevole criticità come Siria, Libia, Iraq o Afghanistan, non hanno tuttavia risparmiato capitali europee e di altri Paesi”. Sempre sullo stesso sito, tra i paesi considerati maggiormente a rischio troviamo: Messico, Colombia, Perù, Magreb, Mauritania, Mali, Niger, Nigeria, Tunisia, Egitto, Sudan, Sud Sudan, Somalia, Kenya, Repubblica Democratica del Congo, Siria, Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan, Yemen, Thailandia, Filippine. Tuttavia, come dimostra la mappa che segue, tratta sempre dalla stessa fonte, l’elenco dei paesi in cui è necessaria un’adeguata cautela di movimento è ben più ampio.

In un’ottica di adempimento al disposto legislativo in tema di protezione dei lavoratori bisogna ora porsi una domanda: è compito del datore di lavoro prevenire e proteggere il lavoratore dall’attività criminale quando costui viene esposto alla stessa per causa di lavoro? La giurisprudenza ha dato una risposta affermativa a tale domanda ritenendo che sia compito dell’impresa prevenire e proteggere dai rischi prevedibilmente connessi all’attività lavorativa. Ciò vale sia per gli eventi verificatisi in Italia, che per quelli verificatisi all’estero. Per quanto riguarda un atto criminale subito sul territorio italiano stabilisce la sentenza n. 8486 della Corte di Cassazione del 8 aprile 2013 (relativa a una richiesta di risarcimento presentata da un dipendente al proprio datore di lavoro per essere stato vittima di una rapina): “Fa carico allo stesso imprenditore valutare se la attività della sua azienda presenti rischi extra-lavorativi “di fronte al cui prevedibile verificarsi insorga il suo obbligo di prevenzione“. Ne consegue che, proprio alla stregua dei dati di esperienza, il suddetto obbligo “avrà un contenuto non teorizzabile a priori”, ma ben individuabile nella realtà alla luce delle tecniche di sicurezza comunemente adottate (Cass. n. 5048/88)”. Ciò vale anche per quanto riguarda un atto criminale subito all’estero. Scrive infatti la sentenza n. 4129 della Corte di Cassazione del 22 marzo 2002 (relativa a una richiesta di risarcimento presentata da un dipendente al proprio datore di lavoro per essere stato vittima di un rapimento in Somalia): “l’obbligo dell’imprenditore di tutelare l’integrità fisiopsichica dei dipendenti impone l’adozione ed il mantenimento non solo di misure di tipo igienico, sanitario o antinfortunistico, ma anche di misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione di detta integrità nell’ambiente od in costanza di lavoro in relazione ad attività pur se allo stesso non collegate direttamente come le aggressioni conseguenti all’attività criminosa di terzi”.


Da ultimo si è potuta riscontrare altresì un’evoluzione nel dettato legislativo.
Sancisce infatti l’articolo 18 del Decreto Legislativo, 14 settembre 2015, n. 151: “Condizioni di lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all’estero: Il contratto di lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all’estero prevede:… c) un’assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente; d) il tipo di sistemazione logistica; e) idonee misure in materia di sicurezza”.

A parere di chi scrive, l’obbligo di protezione risulta ancora più permeante e cogente per quanto riguarda il personale inviato all’estero in paesi extra UE.
Infatti, se le forze di polizia europee rispecchiano un determinato standard di qualità minimo, riuscendo così ad assicurare un determinato livello di sicurezza pubblica in tutta l’Unione, ciò non è sempre vero per le forze di sicurezza di altri paesi extra UE ove peraltro sussistono differenti condizioni culturali e sociali.

Altre problematiche connesse al rispetto, in un paese straniero, di standard minimi di qualità finalizzati alla protezione della vita umana si possono evidenziare per quanto riguarda la qualità dei trasporti stradali, le caratteristiche costruttive degli edifici in cui il personale viene alloggiato, la qualità dei servizi di soccorso medico di emergenza e quella del trasporto aereo interno.

Può sussistere una responsabilità del datore di lavoro per mancata informazione quando un lavoratore, inviato in trasferta in India e che transitava tranquillamente in auto su una strada pubblica, sia stato travolto e successivamente aggredito da un elefante selvaggio fuoriuscito improvvisamente dalla boscaglia? Ovvero può sussistere una responsabilità per difetto di organizzazione quando il lavoratore, inviato in Cina, venga ferito nell’incendio dell’hotel dove l’impresa lo aveva alloggiato? Ovvero ancora quando il lavoratore, colpito da malore in Pakistan e trasportato presso l’ospedale locale più vicino, non riceva un adeguato e tempestivo soccorso medico? Oppure infine, per mancata informazione e prevenzione, quando il lavoratore, inviato in Thailandia, sia stato coinvolto in un incidente occorso a causa del mancato rispetto degli standard di sicurezza italiani da parte del personale della ditta committente locale presso cui costui doveva operare?

Il principio di diritto sotteso a queste domande trova formulazione espressa nella sentenza n. 45 della Corte di Cassazione del 7 gennaio 2009 (relativa a una richiesta di risarcimento presentata da un dipendente al proprio datore di lavoro per essere stato vittima di un infortunio dovuto al mancato rispetto delle norme di sicurezza da parte della società committente dove era stato inviato a svolgere il lavoro): “Ove lavoratori dipendenti da più imprese siano presenti sul medesimo teatro lavorativo, i cui rischi lavorativi interferiscano con l’opera o con il risultato dell’opera di altri soggetti (lavoratori dipendenti o autonomi), tali rischi concorrono a configurare l’ambiente di lavoro ai sensi degli artt. 4 e 5 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, sicché ciascun datore di lavoro è obbligato, ai sensi dell’articolo 2087 c.c., ad informarsi dei rischi derivanti dall’opera o dal risultato dell’opera degli altri attori sul medesimo teatro lavorativo, e dare le conseguenti informazioni e istruzioni ai propri dipendenti.

Stante ciò, affinché la risposta alle domande poste in precedenza sia in senso negativo, è necessario che i rischi del viaggio siano stati adeguatamente previsti e che le necessarie misure di prevenzione e protezione siano state adottate.

Testo a cura del Dott. Edoardo Mattiello, già Ufficiale dell’Esercito Italiano, Esperto di Travel Risk & International Safety e Formatore certificato EQF5.

Il servizio EcoSafe INTERNATIONAL SAFETY & SECURITY nasce per supportare le aziende nell’organizzazione e gestione delle attività appena descritte fornendo un servizio di Travel Risk & International Safety Management completo e integrato.

In particolare include:
» analisi dei rischi (tra cui: atti ostili e criminali; ordigni bellici inesplosi; terremoto / inondazione / incendio; incidenti automobilistici e sanitari);
» elaborazione di piani di emergenza ed evacuazione;
» informazione e formazione specialistica degli espatriati;
» analisi della normativa antinfortunistica locale e delle interrelazioni con quella italiana;
» pianificazione, organizzazione, coordinamento e gestione della trasferta (sia dall’Italia che in loco).
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